giovedì 1 settembre 2011

napoli bbop

        
  Cammino da otto mesi sulla munnezza bbop di Napoli
questa Napoli che – disidratata - polverosa e disgraziata - mi ricorda tanto Bamako’.
Cammino e solo ora mi rendo conto del talento innato che ha il napoletano nel decorarla
- sta cazz ‘e ‘munnezz.
L’africano di Bamako, dovrebbe imparare da lui, dal napoletano.
L’arte non la si improvvisa - ci vuole studio - ci vuole impegno - ci vuole abnegazione - ci vuole sacralità e sentimento.
Nel viaggio della speranza che l’africano compie attraversando il mediterraneo - invece di morire - potrebbe impegnarsi un po’ di più, cavolo, almeno sbarcare su questa terra ex-promessa e farsi –iniziare- da lui, dal maestro, in quest’antichissima arte, quella di produrre e scolpire tonnellate ’e munnezz.
I riti sono molteplici e l’osservazione basilare, ma tanto l’africano sa aspettare.

          Il napoletano é generoso, sa lasciare sulla spiaggia -come in città- opere d’arte aggratis di grande calibro. A Bamako la munnezza é informe, é solo stesa, a mo’ di tappeto, buttata li’ senza un senso. E’ inerme, sfinita, non parla più.
Diciamocelo pure, questi africani non ci sanno fare. E’ una questione d’indolenza.
Invece ‘O napoletano é un creativo, un talentuoso: sa fare e sfare, la sua munnezz parla, canta e prega.
Lui, prima di andar via dalla spiaggia,
con i bicchieri di plastica,
le buste colorate di LIDL e MD,
le carte stagnole accartocciate,
con le bottiglie di vetro senza messaggi,
con i pacchetti di sigarette a contrabbando [con annessi mozziconi],
costruisce cumuli, montagne lussureggianti, torri di Babele, perfettissime piramidi.
I bidoni, vuoti sulle spiagge, come i contenitori della differenziata vuoti in città, sono in realtà dei totem a cui chiedere la grazia. Dei san Gennaro estivi.

Infatti passando davanti ai bidoni, ogni napoletano che tiene un po’ alla propria sorte dice -Sangennà facci la grazia-.
A volte andando via salutano S. Gennaro, -Facciaggiall, proteggi ‘a sc-kultura !
Sicuramente credono alla storia che se non é Maometto ad andare dalla Montagna, la montagna andrà da Maometto.

Maometto é un nome turco inventato, s’intende.

L’africano invece non le sa scolpire queste montagne. Lui, in riva al mare, aspetta, lascia scivolare col primo vento, le stagnole non accartocciate, le buste di plastica e tutto il resto, infradito, secchielli, gente addormentata che prende il sole, convinto che in fondo al mare, risieda la vera ricchezza.
La madre o il figlio.
L’africano aspetta la prima onda del mare, quella che prende con sé tutti gli oggetti, che li trascina in un ultimo dolce viaggio fino all’isola di plastica -pacifica- che si trova tra la California e le Hawaii. L’isola che c’é e che non c’é. Quella fatta di plastica sminuzzata e ossa triturate.
L’avete mai vista ? In youtube se si scava, si trova qualcosa.

Infatti il mare é una grande pattumiera, accetta tutti gli scarti. E tace.
Ingoia spazzolini, munnezza e clandestini. E tace.
Butta giù interi barconi di cenci sudici e scarpe bucate. E tace, tace, tace sempre.

Noi dovremmo imparare dal mare, il napoletano l’ha quasi capito, l’africano si sta impegnando grave.

          Poi, ad incasinare e intricare le già complesse vicende d’a munnezz ci si mettono anche i r.o.m., questi nomadi e ladri di professione, che di notte iniziano le loro ronde. Girovagano per i cassonetti di Napoli, in cerca dei tesori di S. Gennaro, scarpe, ventilatori, pentole, libri, giochi e quant’altro.
Diciamolo pure, -r.o.m.- é l’abbreviazione della parola rompicoglioni : gli artisti napoletani creano, accumulano, accatastano con tanto savoir-faire la loro munnezz e i r.o.m. arrivano di notte e distruggono le loro montagne sacre, sottraendo ‘a ricchezz, , e rimettendola l’indomani mattina, in Piazza Garibaldi, a due lire, in circolo.
A vederli questi mercatini la mattina, qualcuno direbbe -Tutta ‘sta "robba"-.

Qualcuno li arresti questi r.o.m., il riciclo ha qualcosa di diabolico, tende all’infinito.
 


 

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